L’operosità instancabile nell’amato e fiorente nostro Borgo di San Paolo.
Gli apprezzamenti. Gli anni della grande guerra.

1926 – 1945

Onore al merito

La vita oratoriana continua con il massimo fervore e con il più gran­de entusiasmo in tutte le sezioni sot­to la guida del successivo direttore, don Giuseppe Fede! (1924-1932). Egli poté contare sulla collabora­zione della fiorente Unione Padri di Famiglia mai venuta meno a partire dai primissimi volontari. Come se­gno tangibile di riconoscenza alcuni di loro furono nominati Cavalieri Pro Ecclesia et Pontifice dal papa Pio XI e dichiarati Benemeriti dell’Opera Salesiana di Borgo San Paolo. Don Rinaldi, durante il pranzo in loro onore, conferì, fra l’entusiasmo ge­nerale, le croci a cavalieri. Essi sono: il presidente onorario signor Giuseppe Ferreri, il presidente della Sezione, si­gnor Giuseppe Gastaldi e i signori Guido Ret­tori e Gabriele Beltramo. Citando i loro nomi intendiamo rendere onore e riconoscenza ai tantissimi padri, che, nei primi tempi e duran­te tutto il periodo di vita dell’oratorio, hanno messo fatiche e cuori, credendo nel valore dell’educazione umana e cristiana, che l’o­ratorio ha sempre avuto e continua ad avere di mira.

1926 – 1945

L’impegno al femminile

Un’iniziativa assai significativa intrapresa nel marzo del 1926 è stata il Congresso Missionario, che interessò tutte le sezioni oratoriane. Avvocati, professori, eminenti professionisti hanno portato la loro parola incitatrice e preziosa collaborazione e il Congresso ebbe il suo epilogo il 28 marzo con la celebrazione della solenne Giornata Missionaria, svoltasi alla presenza di don Pietro Ricaldone. Il buon seme ha fruttificato: l’oratorio infatti ha inviato un nucleo di giovani (ben 35!) nei diversi collegi: sono le prime vo­cazioni, i primi birichini della borgata, che l’Oratorio offre al Signore, perché ne faccia dei futuri apostoli nel campo missionario.

Perché non citare anche le mam­me vicine ai loro figli nella vita dell’o­ratorio? Don Bosco vuole tutta la famiglia: padri, madri, figli. Fino agli anni ’60 sono però assenti le bambine e le ragazze, che trovano accoglienza in via Cumiana, presso le Figlie di Ma­ria Ausiliatrice: le due opere viaggiano a braccetto per intenti e spirito.

Ed ecco le Dame Patronesse, che il cronista presenta così: «Queste buone signore sono organizzate per un doppio fine: prima di tutto sono le api benefiche svolazzanti ovunque, per far conoscere la dolcezza, la pace, che regna nella loro famiglia per me­rito dei Salesiani. In secondo luogo sono di vivo esempio ai figli e ai mariti e danno all’oratorio quell’aiuto morale e materiale, che occorre per far fronte a tante necessità delle sue molteplici opere di beneficenza».

Bello sottolineare i frutti del lavoro educativo che la bontà del sistema di Don Bosco, geniale nell’accattivarsi l’animo dei giovani, stava producen­do: lo descrive uno zelante salesiano, don Manfrine, che in quegli anni, ’26/27, guidava il Circolo San Paolo: «Vi ringrazio della vostra corrisponden­za, dell’affetto di cui sempre mi avete circondato, delle consolazioni che mi avete dato». Questo per un salesiano è il premio più ambito. Non è difficile intuire che, vedendo tanto lavoro e ottimi risultati, l’anima del Borgo si av­vicinò sempre più all’oratorio.

1926 – 1945

Le Figlie di Maria Ausiliatrice nel Borgo San Paolo

L’Oratorio femminile è stato aperto il S agosto 1924 per festeggiare i primi SO anni di vita della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ed è stata la prima casa dedicata a Maria Domenica Mazzarello, superiora e cofondatrice. Torino, agli inizi degli anni ’20, era una città in espansione demografica. Il Borgo San Paolo era un quartiere popolare, abitato da giovani famiglie e ricco di bam­bini e di ragazzi. Casa Madre Mazzarello volle essere un luogo di aggregazione e di crescita per tante ragazze, soprattutto attraverso l’oratorio festivo e serale.

Le prime opere furono le scuole serali di biancheria, sartoria, ricamo, economia domestica, disegno, musica e cultura generale, il doposcuola per i bambini delle scuole elemen­tari del borgo e la scuola materna. L’Opera è anche conosciuta come «Casa Missionaria». Da qui, infatti, sono partite tra il 1928 e il 1968, 1120 suore missionarie per ogni continente. Attualmente le attività scolastiche attive sono: scuola materna, scuola primaria (elementa­ri), scuola media, liceo scientifico, linguistico, ed economico-sociale. La scuola offre agli studenti e alle loro famiglie una proposta per la formazione di cittadini in armonia con i principi della Costitu­zione Italiana e secondo l’affermata tradizione educativa salesiana.

1926 – 1945

Un decennio glorioso

In quel tempo si rendono necessari i restauri della vecchia bicocca (1928), in cui vivono i Salesiani in ammirevole povertà: fu resa più attraente e più comoda, almeno all’apparenza, poiché essa rimaneva quanto mai umida e senza alcun mezzo di riscaldamento, rendendo il soggiorno vera­mente eroico. Non dimentichiamo che procedono pure i lavori della chiesa: anche questi richiedono grandi sacrifici.

Si conclude, così, il primo decennio dell’oratorio, che viene degnamen­te celebrato. Il suo movimento generale, riportato nelle cronache, registra ben 7326 frequentanti sia tra i giovani tesserati che tra gli adulti. Un de­cennio glorioso: crescita del cento per uno. Ma al di là delle cifre si può ben rilevare che è lo spirito salesiano, che ha fatto presa e ha dato risultati brillanti. Non manca l’ardore di bene nel 1929, anno della beatificazione di don Bosco, che passò a caratteri d’oro nella storia dell’Oratorio: pro­cessioni e cortei per le  vie del Borgo, la parte­cipazione di circa tremi­  la persone in occasione  della traslazione della salma del Beato da Valsalice a Valdocco, cul­la dell’opera salesiana, come pure la trionfale accoglienza della reliquia da Valdocco all’Oratorio, a cui partecipò tutta la popolazione, sono state dimostrazioni eloquenti del gigantesco passo fat­to dai Salesiani nel lavoro di penetrazione religiosa ed educativa nelle fami­glie del Borgo.

1926 – 1945

Finalmente il salone teatro

È la volta di un’altra opera colossale: il salone teatro, ubicato nel cortile interno dell’Oratorio. Si costituì un comitato per studiarne l’attuazione e per la ricerca di un capitale per far fronte all’impresa veramente audace. L’instancabile ardore del direttore guidava le diverse laboriose riunioni, a cui partecipavano una cinquantina di benefattori. Essi, dando la loro ade­sione, costituirono un fondo di 54.000 lire, che raggiunse in seguito la cifra di 146.550 lire con forniture collaterali a prezzi calmierati e con dilazione dei pagamenti da parte dei fornitori. Il 23 giugno 1929 avviene la posa della prima pietra alla presenza di don Rinaldi, del podestà e dei padrini, la contessa Ceriana e il senatore Rebaudengo. I lavori erano stati affidati all’impresa Tito Lacchi di Torino. L’Oratorio diventa un cantiere invaso dai Padri di Famiglia: tutti danno l’opera loro preziosa, rubando il tempo alle ore di riposo e al sonno. Procedettero in modo così rapido che in poco più di un anno vennero conclusi. L’inaugurazione, il 12 ottobre 1930, celebrata in modo solenne, vede la partecipazione di banda, orchestra, compagnia drammatica, autorità ecclesiastiche e civili.

Per don Bosco il teatro sta vicino alla chiesa e vi sta bene: non ne è l’antitesi, ma il complemento. Ogni oratorio salesiano è composto da tre elementi: chiesa, cortile, teatro. Ora l’Oratorio San Paolo è completo. La giornata feriale o la domenica che il giovane vi trascorre inizia in chiesa, passa attraverso i giochi del cortile e si conclude con lo spettacolo teatrale serale. Qui vi è tutta l’impronta della gioia e della pedagogia salesiana, vera carezza di Dio sulle giornate dei giovani.

Riteniamo opportuno riportare, a tal proposito, una lettera che ci fa capire il sentire della gente attratta da quanto facevano i Salesiani, con sudore, entusiasmo e spirito apostolico, da come lo realizzavano e, soprat­tutto, facendone comprendere lo scopo e il significato. Chi scrive è il prof. Vincenzo Goytre, direttore della scuola Santorre di Santarosa, non lontana dall’oratorio. Egli si rivolge al direttore don Giuseppe Fedel (1924-1931).

Rev.mo e Caro Don Fede!,
Colgo l’occasione della prossima inaugurazione del magnifico salone-teatro, di codesto oratorio, per indirizzar Le una lettera aperta, la quale ricordi a coloro che verranno dopo di noi l’o­perosità instancabile dei Salesiani nell’amato e fiorente nostro Borgo dj Sanpaolo e in modo speciale di V.S. Reverendissima. Si è detto con frase fehce, ma non completa, che i Salesiani sono degli arditi in religione: è vero, gli arditi precedono il grosso dell’esercito e vanno animosamente all’assalto, conqui­stano la posizione, che cedono alla truppa sopraweniente. Il salesiano fa qualcosa di più: conquista la posizione con l’affet­to, non la cede a nessuno e vi si consolida.

Don Fedel, quand’io sono su una vetta, lontano da tutti i ru­mori del mondo e con lo spirito più puro vicino a Colui che il creato adora, penso alla scuola di religione, alla compagnia filodrammatica, alla banda musicale, allo sport, al ciclismo, al gruppo studenti, alla biblioteca, all’orchestra, al doposcuola, opere che sono nate e cresciute nell’oratorio San Paolo per il bene della gioventù nostra. La gioventù che Ella non dimenti­ca mai, che sempre assiste, accarezza e benedke.

Il teatro! Il sogno di Don Fede!! La parola che tutti pronun­ciavano e che Ella meditava e non rendeva vana. Don Bo­sco, attraverso questo figlio, compì altro prodigio. Il tea­tro dell’oratorio sarà la palestra educativa della gioventù. Don Fedel continuerà, raggiante di fede, la sua opera che da cinque anni conduce infaticabile per il bene del Borgo. I fanciulli nostri, tanto cari, i giovani e i padri di famiglia toto corde saranno attorno a lei per sentirne la parola, per provar­ne l’incitamento.

Uomo di scuola, sento profondamente il dovere di dirle a nome di tutti i miei piccini il grazie più sentito per quanto ella ha fatto in pro della gioventù.

Oh, non ricorda don Fedel, il sorriso degli alunni della San­tarosa quando Ella si degna di venirmi a trovare? Il direttore col nostro! – esclamano – e sono felici di vederci insieme. Che cosa penseranno quei cervelli e quali palpiti avranno quei cuoricini per don Fedel?

Con il sorriso dei bimbi davanti agli occhi, don Fedel, accolga il saluto cordiale del sempre suo devotissimo.

Vincenzo Goytre – Direttore Scuola Santorre di Santarosa